La bufala della “moneta francese in Africa”. Spieghiamo il perché

Proviamo a fare chiarezza sulla nuova cialtronata targata M5S

Intervista a LUIGI MARATTIN
La cialtronata della settimana è la bufala della “moneta francese in Africa”. In altri paesi, se dici sciocchezze del genere vieni cacciato a forza di risate dal dibattito pubblico. Da noi, vai in prima serata su RaiUno sommerso dagli applausi.

Proviamo a fare chiarezza?

È VERO CHE CI SONO PAESI AFRICANI CHE USANO LA MONETA FRANCESE?

No. Ci sono 14 paesi africani (tra l’altro non tutte ex-colonie francesi, ma anche spagnole e portoghesi) che, a loro volta divisi in due zone diverse, usano due monete diverse. Entrambe sono emesse da banche centrali africane.

E QUINDI CHE C’ENTRA LA MONETA FRANCESE?

Nulla, anche perché una “moneta francese” non esiste più da 20 anni. Le due monete di cui sopra sono semplicemente legate all’euro da un rapporto di cambio fisso con l’euro (come ne esistono vari, ad esempio quello che ha la Bosnia).

CHI BENEFICIA DALL’AVERE UN CAMBIO FISSO CON L’EURO?

La scelta tra cambio fisso e flessibile non è mai univoca e permanente: dipende dalle circostanze e dal contesto economico. Se sei un paese in via di sviluppo (e se sei legato ad una moneta forte e stabile) è probabile che tu ne tragga parecchio beneficio, perlomeno finché non hai rafforzato la tua economia.

PERCHÉ?

Perché non sei esposto alle fluttuazioni della tua moneta debole che impattano sia sull’economia reale (tramite esportazioni e importazioni) sia sulla stabilità finanziaria (tramite il cambiamento del valore dei debiti in valuta estera). O meglio, sei molto più protetto (perché ora “importi” la stabilità della moneta a cui sei legato). E poiché nei paesi in via di sviluppo sia l’economia reale che quella finanziaria sono fragili, ogni cosa che ne limiti la debolezza è benvenuta (fatti salvi i rischi che ha il sistema dei cambi fissi quando c’è troppa divaricazione tra cicli economici di economie mature, come sappiamo fin dalla caduta di Bretton Woods nel 1971; ecco perché nel lungo periodo è certamente auspicabile un ritorno ai cambi flessibili, cosa che del resto ognuno di quegli Stati può fare subito, se lo vuole).

E QUALI SAREBBERO I BENEFICI CHE LA FRANCIA OTTIENE DA QUESTO SISTEMA?

Nessuno di rilevante.

MA COME? E QUESTI “10 MILIARDI” DEPOSITATI PRESSO Il MINISTERO DEL TESORO FRANCESE..?

Quando c’è un sistema di cambi fissi, significa che ci deve essere qualcuno che si fa garante di quel cambio; perché se il libero commercio di quella valuta fa sì che il suo valore esterno salga o scenda oltre il rapporto di cambio fisso, qualcuno deve intervenire sul mercato dei cambi (acquistando o vendendo quella valuta) per ripristinare il valore concordato.

E con quali soldi si interviene sul mercato dei cambi? Con le riserve detenute presso le banche centrali.

Nel sistema di cambi fissi di cui stiamo parlando, è la Francia che si fa garante del mantenimento del cambio fisso (sollevando così i paesi africani da questo pesante onere, che storicamente – vedi Sud America – ha provocato il crollo di quelle economie). L’unica cosa è che chiede – giustamente! – a quei paesi di compartecipare a questo costo, versando parte delle riserve delle loro banche centrali al ministero del Tesoro francese, in modo che quelle somme possano essere utilizzate per difendere il cambio fisso.

Sono appunto i famosi 10 miliardi. Che non sono un furto, bensì la compartecipazione ad un onere di cui si fa carico la Francia (invece dei paesi stessi).

MA CON QUEI 10 MILIARDI QUEI PAESI AFRICANI POTREBBERO INVESTIRE IN STRADE, PONTI, INFRASTRUTTURE?

No. Le riserve delle banche centrali non fanno parte della spesa pubblica; servono, appunto, a intervenire sul mercato dei cambi, e non possono essere usate nell’economia reale. A meno di non voler monetizzare il debito pubblico (cioè stampare moneta a go-go), che non a caso è la folle posizione che ogni tanto il M5S ripete.

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