Migliaia di persone – circa 40mila- si sono ritrovate in piazza Castello a Torino, la piazza più rappresentativa della città, per partecipare alla manifestazione a favore della costruzione della Tav promossa dal gruppo Facebook “Sì, Torino va avanti”. Soltanto qualche giorno fa il quotidiano il Fatto Quotidiano aveva ipotizzato che in piazza non ci sarebbe stato nessuno, arrivando a titolare: “La marcia dei 4 gatti”. Si dovranno ricredere proprio come tutti quelli che pensavano che il Paese avrebbe ingoiato tutto. Non è così, dopo Roma, Torino ne è la prova.
Chi c’è in piazza?
In piazza esponenti di più forze politiche, che si oppongono alla posizione della giunta Appendino sulla linea ad alta velocità per il trasporto delle merci. Il gruppo è nato qualche giorno dopo l’approvazione in Consiglio comunale dell’ordine del giorno con il quale il Comune ha espresso ufficialmente la propria contrarietà alla Tav. Stamattina in piazza non si sono visti simboli di partito, ma solo bandiere dell’Europa e centinaia di cartelli con la scritta “Si Tav” proprio come avevano chiesto le sette donne che hanno organizzato la protesta.
Le adesioni sui social hanno raggiunto da subito e in breve tempo grandi numeri, numeri che spaventano il M5s. Una paura che si intuisce dalla reazione della consigliera grillina e attivista No Tav Viviana Ferrero che ha definito i manifestanti: “Disperati, anziani disinformati, madamin da salotto”. Frase di cui poi si è scusata e da cui la sindaca Appendino si è dissociata.
Bloccare un’opera di questa portata, e già in avanzato stato di sviluppo, comporterebbe perdite economiche consistenti. Ma anche una perdita di credibilità internazionale, cosa a cui grazie al M5s siamo abituati, perché la Tav è un progetto europeo che coinvolge molte nazioni europee (tra cui la Francia che sta proseguendo nei lavori).
Il PD a fianco di chi dice Sì
Il capogruppo PD alla Camera, ed ex ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio, è stato a Torino per incontrare i rappresentati di sindacati e categorie economiche ha chiesto al governo di ripartire con i lavori, perché “stiamo perdendo 5 miliardi che potrebbero essere di grande stimolo all’economia”. Ed ha annunciato che il Partito democratico presenterà “un atto di indirizzo in Parlamento per chiedere al governo di far ripartire lavori nel quale riporteremo le istanze che in maniera unitaria e compatta ci sono state presentate questa mattina. Quando ero ministro ho approvato la revisione del progetto nazionale con un risparmio da 4 miliardi a 1,9. Quest’opera è il modo per tenere il Piemonte e l’Italia in Europa e garantire un futuro sostenibile perché consente di spostare il trasporto delle merci dalla gomma al ferro”.
La voce della ragione, che sta raccogliendo la protesta della Torino produttiva, è il presidente della regione Sergio Chiamparino che continua a spingere affinché i lavori proseguano. E sulla fantomatica commissione annunciata da Toninelli ha spiegato: “Non ha i titoli per essere insediata, la verità è che ci stanno raccontando una balla per allungare il brodo in attesa che arrivi qualche ostacolo e i lavori si blocchino”. Il riferimento è all’Europa che, è il timore di Chiamparino “a un certo punto inizierà a chiedere il rispetto degli impegni e la restituzione delle risorse già stanziate” .
In piazza Castello è scesa in piazza una parte della città che chiede con forza di andare avanti, di non bloccare la città per divisioni ideologiche interne alla maggioranza, per assecondare gruppi di pressione che hanno contribuito a far conquistare la città al M5s. Torino chiede di guardare al futuro, così come successo a Roma poche settimane fa. Ma i cinque stelle che governano le due città sono in grado di farlo?
Secondo Andrea Marcucci i nodi stanno finalmente venendo al pettina: “Migliaia di persone oggi saranno in piazza a Torino per dire Si’ alla Tav contro un’idea di sviluppo che blocca tutto, blocca le Olimpiadi, blocca le infrastrutture, blocca le grandi opere pubbliche. In piazza oggi, in 10 città italiane, anche tutte le donne e gli uomini che si battono contro il ritorno al Medioevo, rappresentato dal disegno di legge Pillon. È un risveglio, piano, piano, il Paese si sta rendendo conto dei rischi che corre con questo governo di incapaci”.