“La legge per difendere i braccianti c’è, ora va applicata”. Parla il sindacalista Jean René Bilongo

Intervista al responsabile del dipartimento immigrazione della FLAI-CGIL: “La legge contro lo sfruttamento sul lavoro è una conquista straordinaria sognata per decenni, ma c’è chi cerca di ostacolarla”

Una giornata di sciopero nazionale per chiedere il rinnovo del contratto dei lavoratori agricoli. La organizzeranno i sindacati il prossimo 15 giugno. Quel giorno verrà ricordato, come è già stato fatto in questi giorni a livello locale, Soumayla Sacko, il bracciante e sindacalista maliano di 29 anni ucciso sabato sera nella Piana di Gioia Tauro. Verranno ricordati i tanti Soumayla, ma anche le tante Paola Clemente che in Italia perdono la vita nei campi per circa due-tre euro l’ora. Perché “i lavoratori dei campi non sono solo immigrati, guai a pensarlo” e non sono tutti “irregolari”, spiega – parlando con DemocraticaJean René Bilongo, responsabile del dipartimento immigrazione della FLAI-CGIL.

“Noi ci muoviamo da tanti anni da nord a sud, è da oltre un decennio – spiega il sindacalista – seguiamo un tema che non è un’emergenza come qualcuno crede, ma una situazione che si è incancrenita nel corso degli anni e non riguarda solo i cosiddetti clandestini ossia gli irregolari. Alla nostra collettività vorrei dire che le sirene che si sentono non sempre sono veritiere. La vicenda di Sacko dimostra che quelli che vivono in accampamenti di fortuna sono anche gli immigrati regolari ma sono stati esclusi dal mercato del lavoro e finiscono in quei luoghi alla ricerca di occasioni di lavoro alla giornata”.

Come si sta muovendo la Flai-Cgil dopo l’uccisione di Soumayla Sacko?

La denuncia di questi casi l’abbiamo sempre fatta poi ci sono diverse iniziative territoriali per chiedere dignità per questi lavoratori dei campi. A Brindisi è partito un appello e sicuramente ne seguiranno altri a livello locale per esprimere il disappunto e l’amarezza rispetto all’accaduto anche perché potrebbe riverificarsi. Quindi è giusto che le istituzioni si facciano carico della situazione.

Guardando alla situazione del lavoro nei campi emerge chiaramente il problema delle condizioni di vita e di lavoro di queste persone. È urgente agire ma in che modo?

È urgente agire con uno strumento, la legge 199/2016 contro lo sfruttamento sul lavoro (la cosiddetta legge sul caporalato, ndr). Bisogna attuare la legge che ha una parte penale repressiva ma ne ha anche un’altra di prevenzione di queste derive. Ci sono degli strumenti normativi in quella legge che possono prevenire o almeno mitigare queste situazioni che si vedono non solo a Gioia Tauro, ma anche a Saluzzo, in Sicilia, in Campania. È una problematica nazionale, riguarda tutta la penisola. Ma il tema vero è uno.

Quale?

Il tema vero è quello del lavoro, è la questione di fondo, perché chi ha una capacità reddituale anoressica non può permettersi un alloggio. È chiaro che il clima nel Paese non è favorevole, poi sentiamo la cantilena sull’immigrazione che sarebbe il male assoluto del Paese, ma il problema di fondo è quello del lavoro dignitoso e retribuito che determina la libertà e la capacità reddituale per poter vivere in modo degno. Ma quando il lavoro viene ridotto allo sfruttamento annulla la sopravvivenza e allora si è costretti a vivere in queste condizioni, in questi ghetti in attesa di giorni migliori che però potrebbero arrivare anche dopo anni.

Di cosa c’è bisogno quindi?

Di una politica di attenzione seria nei confronti dei migranti. In agricoltura in particolare è necessario attuare la legge contro lo sfruttamento sul lavoro, è una conquista straordinaria di questo Paese, l’abbiamo sognata per decenni, finalmente ce l’abbiamo ma c’è chi cerca di ostacolarla.

Chi?

C’è la parte datoriale che resiste.

Il governo è rimasto in silenzio per tre giorni. Solo oggi il premier Conte è intervenuto sull’uccisione di Soumayla Sacko. Cosa vi aspettate da questo esecutivo?

Noi ci rivolgiamo alle istituzioni a prescindere dall’esecutivo in carica e a prescindere dalla maggioranza. La politica è ondeggiante e cambia a seconda di chi arriva al governo. A loro dico di dotarsi di buon senso e ragionevolezza, le urla non risolvono i problemi. Lo Stato forte non mostra mai i muscoli.

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