Il governo del caos. Dalla Tav ai diritti, dal lavoro all’euro: tutti i fronti aperti

Sulla Rai mediazione al ribasso per non scontentare Lega e M5s. E Grillo torna a sparare sull’euro

Più passano i giorni, più si aprono fronti che mettono in contrapposizioni le due anime del governo giallo-verde. E negli ultimi giorni, il livello dello scontro si è alzato oltre i livelli di guardia.

Tav: Salvini blocca Conte e Di Maio

Dopo lo stucchevole tira e molla del ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli, la linea del Movimento 5 Stelle è finalmente venuta a galla: la Tav non si deve fare, sarebbe troppo incoerente per un partito che grazie a questa posizione ha raccolto vagonate di voti, in Piemonte e non solo. E pare che anche il premier Conte sia d’accordo. Un sondaggio circolato tra i Cinque Stelle dimostra che il consenso potrebbe erodersi rapidamente, se non vengono mantenute le promesse su tre temi cruciali, come la Tav, l’Ilva e il Tap. Di qui la decisione di Di Maio di segare l’albero su cui stava crescendo l’alta velocità Torino-Lione. Poche ore dopo, però, arriva lo stop di Salvini: “Per me si deve andare avanti: costa di più chiuderla o proseguirla? Non ho intenzione di far pagare gli italiani”. Una linea che la Lega intende adottare su tutte le grandi opere, come conferma il sottosegretario ai Trasporti Edoardo Rixi.

Diritti: Fontana fa il duro, i Cinque Stelle si oppongono

Altro scontro apertissimo nel governo è quello sui diritti, in particolare per le coppie omosessuali. La faccia cattiva, in questo caso, è quella del ministro per la Famiglia Lorenzo Fontana, salviniano di ferro, che ha dato seguito alla promessa fatta nel giorno dell’insediamento del nuovo governo, quando disse che “le uniche famiglie che riconosco sono quelle formate da un padre e una madre”. Ieri il colpo di mannaia, proprio del ministro dell’Interno: “Fino a quando io sarò ministro gameti in vendita e utero in affitto non esisteranno come pratica, sono reati. Difenderemo in ogni sede il diritto del bambino di avere una mamma e un papà”. In pochi minuti arriva lo stop di Vincenzo Spadafora, grillino, sottosegretario alla presidenza del Consiglio: “Fontana fermi la propaganda e apra un dibattito serio. Non esistono bambini di serie A e bambini di serie B, tutti vanno tutelati. Così rischiamo che il nostro Paese torni indietro di dieci anni”. Parole ribadite anche dal vicepremier Di Maio.

Decreto Di Maio: il Nord contro il governo (e la Lega)

Per il decreto cosiddetto dignità, ogni giorno la situazione si fa più complicata. Che fosse un provvedimento spot adottato da Di Maio per prendersi il centro della scena mediatica dopo le sfuriate di Salvini sui migranti, è risultato chiaro fin da subito. Che fosse pure dannoso, lo disse da subito il presidente dell’Inps Tito Boeri che, numeri alla mano, parlò del rischio di perdita di 80mila posti di lavoro in dieci anni, prendendosi del “traditore della patria”. Poi sono arrivati i casi concreti dei lavoratori della Nestlè, di quelli delle Poste, dei portuali e, dulcis in fundo, la protesta degli industriali del Veneto, storico bacino elettorale leghista. Ora sia Salvini che il presidente della Regione Luca Zaia sono costretti a chiedere a gran voce a Di Maio di modificare il testo del decreto nelle sue parti principali, con il rischio (per lui, non certo per l’Italia) che l’impianto venga completamente snaturato.

Il balletto sull’euro: Grillo smentisce Conte

“L’euro non si discute”, afferma categorico il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, fugando tutti i dubbi del presunto piano B già preparato dal ministro (indagato) Paolo Savona, che tanto aveva fatto discutere. Peccato che proprio oggi, il fondatore del Movimento Cinque Stelle sia tornato a tuonare contro la moneta unica: “Abbiamo proposto un referendum sull’euro, vogliamo chiedere agli italiani il loro parere sulla moneta unica, non sulla permanenza in Europa ma sulla moneta”. E aggiunge: “Abbiamo già pronto un piano B”. Attendiamo a breve la dichiarazione di Di Maio sul fatto che Grillo parli a titolo personale.

Nomine, il metodo Rai: sovranisti e qualunquisti al potere

Su una cosa bisogna dire che Lega e Cinque Stelle sono andati d’accordo fin dal primo giorno: l’occupazione coatta di tutti gli enti e le partecipate pubbliche e la spartizione degli incarichi. Lo dimostrano il diktat sulla mancata fusione tra Anas e Ferrovie – inspiegabile in altri termini – e il blitz con cui è stato disposto l’azzeramento del cda di Fs. Per non parlare di Istat, Cassa Depositi e Prestiti e Rai. Con i due partiti decisi a spuntare più poltrone possibili, come dimostra l’estenuante trattativa sui vertici Rai, che ha partorito il sovranista Marcello Foa alla presidenza e, in quota Di Maio, Fabrizio Salini nel ruolo di ad.

A ottobre il redde rationem

Sono in molti a pensare che l’autunno potrebbe riservare uno scontro ancora più duro. Quando ci sarà da scrivere la Legge di Stabilità, tutti i nodi verranno al pettine. I Cinque Stelle spingeranno per una qualsiasi forma di assistenzialismo di Stato che possa essere equiparabile al reddito di cittadinanza. La Lega proverà a mettere in piedi una riduzione fiscale per poter parlare di pacificazione e flat tax. Ci sarà il nodo della riforma Fornero, che doveva essere abolita il giorno dopo la formazione del governo e invece è ancora lì (per fortuna). E poi il discorso dei conti pubblici, con il ministro dell’Economia Giovanni Tria che proverà in ogni modo a frenare gli istinti propagandistici degli azionari del patto di governo. Sarà un autunno molto caldo, dagli esiti incerti.

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