Il “Decreto Salvini” o “Decreto sicurezza”, ovvero il decreto legge n. 113 del 4 ottobre 2018, parte prima di tutto da un concetto fortemente sbagliato. Il decreto fa coincidere in modo automatico il tema della sicurezza e quello dell’immigrazione, affrontando quest’ultimo in termini solo propagandistici, alimentano e cavalcando le paure delle persone.
Inoltre le misure in esso contenute sono davvero inutili e dannose e rischiano di creare l’effetto opposto senza scoraggiare l’immigrazione ma sicuramente aumentando l’insicurezza.
L’abolizione dell’istituto della protezione umanitaria
La modifica dell’articolo 5 comma 6 del Testo unico sull’immigrazione del 1998 è il provvedimento più importante del decreto e prevede l’abolizione dell’istituto della protezione umanitaria. La protezione umanitaria è uno dei modi in cui si applica proprio l’articolo 10 della Costituzione, esiste in venti paesi dell’Unione europea ed è in linea con quanto previsto dalle convenzioni internazionali in materia di asilo. Questo tipo di permesso di soggiorno non potrà più essere concesso dalle questure e dalle commissioni territoriali, né dai tribunali in seguito a un ricorso per un diniego. Sarà introdotto, invece, un permesso di soggiorno per alcuni “casi speciali”, cioè per alcune categorie di persone: vittime di violenza o di grave sfruttamento, condizioni di salute di eccezionale gravità, situazioni contingenti di calamità naturale nel Paese d’origine. È previsto, inoltre, un permesso di soggiorno per chi si sarà distinto per “atti di particolare valore civile”. Tra questi casi non rientrano per esempio i minori stranieri non accompagnati, con il risultato di creare una situazione critica per i ragazzi neomaggiorenni, che una volta usciti dal sistema di protezione dello Stato e senza una famiglia che li sostenga rischiano di ritrovarsi, con l’abolizione del permesso umanitario, privi di qualunque forma di protezione e in una condizione di particolare vulnerabilità.
Questa misura non solo renderà molto più precaria la condizione di tanti stranieri, ma creerà soprattutto, un numero più elevato di stranieri in situazione di soggiorno irregolare. E l’aumento degli immigrati senza documenti è in effetti un problema serio in termini di sicurezza, sia reale che percepita.
L’effetto positivo dell’integrazione dovuta al rilascio del permesso di soggiorno che dà alle persone la possibilità di lavorare regolarmente, prendere la residenza e accedere a tutti i servizi porta sicuramente a una maggiore sicurezza.
Lo smantellamento del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar)
Un’altra misura profondamente sbagliata è il vero e proprio smantellamento del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar), vale a dire il circuito di accoglienza gestito dai Comuni italiani, che è sempre stato considerato un modello di accoglienza virtuoso. Con l’approvazione del decreto, questi servizi di accoglienza che ora assicurano 35.881 posti e coinvolgono oltre 1.800 Comuni, saranno limitati a chi è già titolare di protezione internazionale o ai minori stranieri non accompagnati. Il 50% delle persone ospitate dagli Sprar dovranno invece essere spostati nei Centri di accoglienza straordinaria (Cas), strutture gestite dai prefetti e non dalle amministrazioni locali, che seguono dei protocolli di emergenza e hanno standard di accoglienza più bassi e nessun obbligo di rendicontazione.
Con questo decreto andranno perduti moltissimi posti di lavoro di persone che si ispirano a valori di solidarietà e rispetto e si farà invece un grosso favore alle organizzazioni private che gestiscono i grandi centri di accoglienza, che spesso si sono rivelate vicine alla criminalità organizzata.
Attualmente gli stranieri che sono trattenuti nei Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr) possono essere trattenuti al massimo per 90 giorni. Ora invece questo limite si sposterà fino a un massimo di 180 giorni e inoltre gli stranieri appena arrivati in Italia per l’identificazione potranno essere trattenuti anche ulteriori 30 giorni negli hot spot, centri che non hanno nemmeno le garanzie previste dal sistema penitenziario.
Si tratta di provvedimenti che ampliano oltre i tempi necessari una restrizione della libertà personale solo con un intento puramente propagandistico.
Modificata la legge italiana sulla cittadinanza del 1992: si colpisce gravemente il concetto di cittadinanza con molti rischi di incostituzionalità
Il decreto interviene anche sulla legge italiana sulla cittadinanza del 1992. La domanda per il conseguimento della cittadinanza potrà essere respinta anche se è stata presentata da chi ha contratto matrimonio con un cittadino o una cittadina italiana, mentre finora le domande per matrimonio non potevano essere rigettate. Il termine dei procedimenti amministrativi di riconoscimento della cittadinanza per matrimonio e a seguito di lunga residenza viene portato dagli attuali due anni a ben quattro anni.
In definitiva si colpisce gravemente il concetto di cittadinanza con molti rischi di incostituzionalità, cavalcando la rabbia e la paura anche se non c’è alcuna emergenza che giustifichi misure straordinarie.
La realtà è che dal 2017 è diminuito drasticamente il numero degli sbarchi grazie all’azione del governo Gentiloni. Nel decreto poi, non c’è nulla che serva ad accelerare i rimpatri: né maggiori fondi, né azioni per potenziare gli accordi bilaterali.
In merito agli altri temi affrontati dal decreto, va messo in evidenza almeno un provvedimento particolarmente grave: si modifica infatti il codice antimafia sulla gestione dei beni confiscati alla mafia prevedendo l’ampliamento della platea dei possibili acquirenti e la possibilità di venderli al miglior offerente. Si abbandona, cioè, il principio seguito in questi anni per cui i beni sottratti dalla mafia alla comunità devono tornare alla comunità, con una funzione sociale certa con il rischio che i beni messi all’asta siano venduti a prezzi svalutati e che il loro acquisto possa essere realizzato da chi agisce formalmente nella legalità ma in realtà opera per la riuscita di operazioni commerciali e finanziarie capaci di riciclare il danaro sporco e di provenienza illecita.