Intervista a Graziano Delrio di Goffredo De Marchis (La Repubblica)
«Adesso basta rinvii. Martina va eletto segretario con pieni poteri già all’assemblea di sabato. Avrà una sua segreteria e una sua squadra. Poi, prima del congresso, si deve costruire una nuova identità del Partito democratico». Se ancora esiste un fronte renziano che, a giudicare dalle parole di Matteo Orfini preferisce tenere il PD a bagnomaria, Graziano Delrio rompe questo fronte e chiede di accelerare la reazione. Il capogruppo alla Camera pensa a una nuova identità incentrata su «un’agenda sociale. Lavoro, lotta alle disuguaglianze, lotta alla povertà . Alternativa di valori ma anche di vicinanza alla società civile. Abbiamo fatto molto per le persone ma siamo anche apparsi una forza delle élite».
La percezione però à che ci sia un governo dei proclami e una minoranza inesistente o irrilevante.
«C’è una politica della maggioranza fatta di chiacchiere e non di fatti. Il Consiglio europeo lo dimostra in maniera inequivocabile. Non c’è un solo provvedimento in Parlamento da discutere e da votare. Significa che il governo è un’alleanza di potere ed elettorale. Che serve a vincere i ballottaggi e basta. Salvini è riuscito a cambiare Pisa ma non a correggere le regole sui migranti in Europa o il trattato di Dublino. Demolire l’Europa è il suo obiettivo».
Pisa, Imola, Massa sono sconfitte pesantissime per la sinistra.
«La sconfitta è chiarissima ma non siamo morti. Il giudizio sul nostro risultato andrebbe letto anche con il primo turno. A Vicenza abbiamo perso con il 49%. Vuol dire che la traversata del deserto va fatta, ma non siamo soli. Certo, dobbiamo rinnovare la nostra proposta di governo. L’agenda sociale è questo: rivolgerci al cuore delle persone. Proponiamo di aumentare la platea del reddito di inclusione anziché il reddito di cittadinanza perché sappiamo che ci vogliono anni e non abbiamo tutto questo tempo. Martedì proporremo una misura di sostegno alla famiglie con i figli».
Tutte idee soffocate dal rumore di fondo dell’attività di Salvini.
«Salvini è un bugiardo, un bulletto qualunque che crea emergenze inesistenti, vere e proprie favole. Gli sbarchi sono diminuiti dell’80%, la chiusura dei porti non si vede e non si può fare. È un presunto uomo forte».
Quindi non dureranno?
«Difficile prevederlo. Le alleanze di potere sono particolari. Però gli obiettivi li hanno annunciati e allora verranno i nodi al pettine. Il reddito di cittadinanza, i 600mila rimpatri, l’abolizione della Fornero che si sta già trasformando in una salvaguardia. Potrebbero pagare un prezzo a breve. Il M5S soprattutto. Non capisco come possano sostenere la flat tax ovvero la riduzione delle tasse ai ricchi e il condono fiscale insieme con il reddito di cittadinanza».
II PD lo salva solo il Padreterno come dice Prodi?
«No, il PD lo salviamo insieme, uniti. Penso ci sia bisogno da parte di tutti, anche di Prodi, del metodo socratico. Di una partecipazione che aiuti i giovani a crescere accompagnandoli nel percorso. Cinque anni fa con Renzi mi misi a disposizione. Adesso ci vogliono facce totalmente nuove e una nuova identità».
Zingaretti è un buon candidato alla segreteria?
«Non ho candidati buoni se non sulla base di una piattaforma condivisa che andrà discussa con la società italiana tutta da qui a ottobre, quando partirà il percorso di un congresso e di un confronto tra persone. Zingaretti è una persona di ottima qualità, lo è anche Serracchiani per fare un altro nome uscito in questi giorni. Ma non voterei nemmeno il mio migliore amico se prima non si definisce il profilo del PD».
Lei sarà della partita?
«Lo escludo. A 60 anni il mio compito è accompagnare una nuova classe dirigente, il meglio dei giovani. Dopo aver stabilito cosa è il Partito Democratico. Per me il suo grande compito è stare vicino a chi è più fragile. Come diceva Tocqueville, la democrazia resiste fino a quando garantisce l’uguaglianza. Se non risponde a questo imperativo, purtroppo si affacciano altri sistemi».
I renziani vogliono tenere fermo il PD?
«Non credo. Io non vedo qualcuno che voglia difendere una fetta di potere in un momento in cui persino la democrazia liberale è in pericolo. Anzi adesso siamo tutti lontani dal potere e ci farà molto bene».
Il manifesto di Calenda può stare nella discussione sull’identità del PD?
«Perché no. Ma un tempo è finito. Una grande alleanza democratica non ha bisogno di qualcuno che dica: queste sono le mie idee, venitemi dietro. È più utile un percorso di fatica comune che di manifesti».