4 novembre 1918/2018. L’intervento del Presidente Mattarella a Trieste nel centenario della Grande Guerra: “Il nazionalismo portò alla guerra”

Un momento della cerimonia per il Giorno dell’Unità Nazionale e la Giornata delle Forze Armate con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, Trieste, 4 novembre 2018.

Bisogna «ribadire con forza tutti insieme che alla strada della guerra si preferisce coltivare amicizia e collaborazione, che hanno trovato la più alta espressione nella storica scelta di condividere il futuro nella Unione europea». Lo ha detto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella a Trieste in occasione della cerimonia del 4 Novembre e della vittoria nella Grande guerra.

Il presidente della Repubblica ha commemorato a Trieste la giornata delle Forze Armate che cade proprio nel centenario della fine della Prima Guerra Mondiale. Un conflitto che si inquadra in un periodo storico, quello del 900, in cui la classe dirigente – ha tra l’altro detto Mattarella – fece anche errori gravi ed evitabili, «errori che non debbono mettere nell’ombra i comportamenti eroici dei soldati e le pagine indimenticabili di valore e coraggio nel buio delle trincee». «Lo scoppio della guerra nel 1914 sancì in misura fallimentare l’incapacità delle classi dirigenti europee di allora di comporre aspirazioni e interessi in modo pacifico anziché cedere alle lusinghe di un nazionalismo aggressivo», ha aggiunto il capo dello Stato nel suo discorso.

«La Costituzione Italiana, nata dalla Resistenza, ripudia la guerra come strumento di risoluzione delle controversie, privilegia la pace, la collaborazione internazionale, il rispetto dei diritti umani e delle minoranze», ha continuato il presidente della Repubblica. «La guerra non produsse, neppure per i vincitori, ricchezza e benessere ma dolore, miseria e sofferenza nonché la perdita della primaria rilevanza dell’Europa in ambito internazionale. La guerra non risolse le antiche controversie fra gli Stati ma ne creò di nuove e ancor più gravi facendo sprofondare antiche e civili
nazioni nella barbarie di totalitarismi e ponendo le basi per un altro ancor più distruttivo, disumano ed esacerbato conflitto». «Gli errori gravi ed evitabili delle classi dirigenti del secondo decennio del Novecento – ha sottolineato ancora – e una conduzione della guerra dura e spietata degli altri comandi non devono e non possono mettere in ombra comportamenti eroici dei soldati e gli enormi sacrifici compiuti in nome dell’ideale della patria».

«Mentre celebriamo questo importante anniversario 5600 militari italiani sono impegnati all’estero in missioni di pace con grandi o piccoli contingenti, quasi 8000 militari sono impegnati nelle operazioni Strade sicure e Mare sicuro. A tutti loro esprimo la più ampia riconoscenza e orgoglio del Paese. Grazie per quello che fate», ha ricordato poi il Presidente della Repubblica. «Le nostre forze armate sono impegnate per garantire la sicurezza e la pace in ambito internazionale, rafforzando il prestigio dell’Italia nel mondo», ha sottolineato.

«Vittorio Veneto fu l’atto finale di una guerra combattuta con coraggio e determinazione da un esercito dimostratosi forte e coeso, nel sapersi riprendere dopo la terribile disfatta di Caporetto, dovuta anche a gravi errori nella catena di comando. E non, certo, attribuibile a viltà dei nostri soldati. Nel momento cruciale, nei soldati, prevalse il desiderio di riscatto, di unità, l’amore di patria. E il contributo del valoroso Esercito italiano fu determinante per gli esiti vittoriosi della coalizione alleata. Il fronte orientale fu il primo a cedere sotto la spinta italiana e a indurre gli Imperi centrali a sollecitare l’armistizio. Seguì, una settimana dopo, il fronte occidentale», ha affermato ancora Mattarella.

«Desidero richiamare il ricordo di un soldato semplice, Vittorio Calderoni. Era nato in Argentina, nel 1901, da genitori italiani emigrati. A soli 17 anni s’imbarcò per l’Italia, per arruolarsi e combattere nell’Esercito italiano. Morì per le ferite ricevute, a guerra ormai finita, nel novembre di cento anni fa». È un altro passaggio del discorso del presidente della Repubblica. «Ritengo doveroso – ha sottolineato il capo dello Stato – ricordarlo qui, in questa stessa piazza, dove ottanta anni addietro fu pronunciato da Mussolini un discorso che inaugurò la cupa e tragica fase della persecuzione razziale in Italia, perché Vittorio Calderoni era ebreo, il più giovane tra i circa 400 italiani di origine ebraica caduti nella Grande Guerra».

Il capo dello Stato ha ricordato anche le vittime delle foibe e e le sofferenze dei civili di allora. Anche questo un monito, ha tra l’altro detto rivolgendosi in modo particolare ai giovani, a mantenere un’attenzione «vigile» rispetto a quel periodo oscuro del passato.

«In queste ore tanti nostri militari, che ringrazio particolarmente, sono impegnati con tanti volontari nel soccorso ai territori che sono stati investiti da un’ondata di maltempo con drammatiche conseguenze di lutti e devastazioni. Ai familiari delle vittime va tutte la vicinanza dell’Italia e alle zone colpite la solidarietà piena e concreta», ha detto infine Mattarella.

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